Quando Enea, naufragato sulle coste africane, viene accolto nella reggia di Cartagine, la regina Didone si accende d’amore per lui e lo sposa. Dopo il connubio però Giove richiama l’Eroe al suo destino, ed Enea riparte alla volta del Lazio. Didone viene travolta da una disperazione smisurata e, dopo aver fatto allestire una pira, vi si getta, lasciandosi trafiggere dalla stessa spada dello sposo.
Anna Achmatova fa parlare Didone, e consegna una potente immagine di lei con le braccia tese attraverso il fuoco, rivolte verso chi dimentica. Per la poetessa Enea incarna l’infedeltà di chi tradisce la memoria.
Quindi il fuoco restituisce sempre visioni potenti e tragiche, e in questa raccolta ho riunito le voci, a volte silenti a volte urlate, di chi negli anni mi ha parlato col fuoco.
Nelle immagini voci infuocate di Lucio Dalla, Mimmo Paladino, Enzo Cucchi, Peppe Servillo, Nino D’Angelo e passanti di cui non conosco il nome.
“Non temere, – posso dipingerci ora
In modo ancora più accurato.
Sei un miraggio – o un uomo che passa?
Non so perché custodisco la tua ombra.
Non a lungo sei stato il mio Enea, –
Era facile allora, soltanto la pira.
Sappiamo tacere l’uno dell’altro.
Tu hai dimenticato la mia casa dannata.
Hai dimenticato queste braccia tese
Attraverso il fuoco, per l’orrore e il tormento,
E la notizia di speranza maledetta.
Non sai quanto ti è stato perdonato…
Roma è fondata, le greggi delle flottiglie veleggiano oltre,
E l’adulazione rende gloria alla conquista”.